
Ieri, grazie ad una delle geniali idee del mio fratellone, un po' per caso e un po' spinta dalla curiosità, forse un po' anche dalla nostalgia per i bei tempi, quelli passati, mi sono ritrovata in un campo di patate. Cioè a dire la verità non è un campo qualunque, bensì è il reale Chemp Di Pozz dove il mio nonno e chissà quante generazioni prima di lui, si bagnavano la fronte col sudore, per ottenere qualcosa da dare da mangiare ai propri figli.
Certo oggi le necessità sono cambiate e chi si mette a fare un lavoro così lo fa solo se ha passione, tanta; in una società dove non sembra mancare niente di materiale, anzi direi che abbiamo fin troppe cose, manca invece secondo me il buon senso civico e il piacere di vivere, di faticare e di curare una pianta per qualche mese ma poi raccoglierne i frutti. Forse era proprio dalla loro semplicità che nasceva la loro felicità. Ed era fatica certo, ma penso che era anche tanta soddisfazione, poche seghe mentali e molta concretezza, molti valori e pochi figli che ammazzano i genitori per noia. E forse una felicità così è difficile trovarla in un mondo complesso come quello di oggi. Forse siamo contenti a momenti, ma credo mai felici come una volta, quando si aspettava il Natale per avere un quaderno nuovo e adesso anche con la PlayStation 1003888 quasi quasi ci lamentiamo ancora. Chissà ...
Bè sta di fatto che ci siamo messi ad arare il campo per farlo rivivere e per poterci poi seminare le patate (che come tutti sapete sono state per molti anni il simbolo di Semogo, se vet che gliaren propri boi!).
E così eravamo li in 5. Due che insegnavano, perchè di esperienza ne hanno proprio un bel po' vista la loro gioventù e noi tre che in un modo o nell'altro ce la siamo poi cavata, tra una zappa e un rastrello magari impugnati male, e un vomere spinto un po' a fatica ma poco bello vivere come una volta e chissenefrega di tutto il resto. Niente pensieri, e tanto lavoro. Tanta passione per le cose di una volta o forse solo voglia di vedere rivivere quel campo, proprio come c'è su quella fotografia in cucina dei primi '900. Forse anche un po' di paura che domani nessuno si ricorderà quello che è stato e allora ho voglia di sentirmelo raccontare com'era, come si viveva e come faceva a girare la ruota del mulino. Ho voglia di capire quanta intelligenza c'era grazie a quella costante situazione di necessità e di povertà, quanto ingegno, quanto guadagnarsi le cose con la fatica e non desiderare di più perchè tutto quello di cui hai bisogno te lo da la terra e nient'altro.
Bello ragazzi. Ieri sera credevo di aver perso le braccia. Quanta stanchezza dopo un solo giorno. Ma quanta soddisfazione. E quanta felicità. Chissenefrega di questo millennio, quanto darei per vivere come una volta. Quanto darei per essere stanco ma felice.
E così vivo di racconti di un tempo e di anziani con gli occhi lucidi che ricordano e di frasi in dialetto che fanno fatica a tradurre in italiano, perchè non ero li ma mi piace immaginare come poteva essere. E in fondo ad ogni ricordo di loro penso sempre che sia poco bello vivere come una volta ...
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